Quando arrivai a Madrid nel lontano 2008 questo paese era un’altra cosa. Per tanti italiani, che come me, fuggivano da un’ Italia in piena decadenza politica, culturale e sociale la Spagna era un rifugio sicuro. Terra di opportunità e di rivincita. Al fronte del governo c’era Zapatero, la nuova speranza della socialdemocrazia europea; un uomo stimato e lodato dalla stampa di mezzo continente per le sue politiche sociali all’avanguardia. I racconti dei tanti italiani gia residenti in Spagna parlavano di un paese in cui le opportunità di lavoro e la qualità di vita erano ineccepibili.
Ebbi giusto il tempo di arrivare ed in un paio di settimane iniziai a lavorare. Fortuna sì, ma soprattutto sacrificio e spirito d’adattamento. Senza saperlo ero entrato in Spagna, proprio mentre stava per scoppiare ufficialmente la piú grande crisi economica del dopoguerra. L’amico Zapatero elargiva a tutti i giovani lavoratori sotto i 30 anni, me compreso, la somma di a 200€ al mese come sussidio per l’affitto. Inoltre, a parte questo sussidio, gli spagnoli godettero anche di un altro regalo: tutti i lavoratori dipendenti e pensionati ricevettero 400€ con l’obiettivo di stimolare il consumo e l’economia. Anche in questo caso, da lavoratore dipendente, mi beneficiai dell’aiutino statale.
I tempi d’oro, però, finirono presto e persino l’inguaribile ottimista Zapatero dovette ammetterlo. La crisi prese il volo e la disoccupazione raggiunse quasi il 30%, con più di 6 milioni di spagnoli senza lavoro. Così arrivò il turno di Rajoy, che si mise al servizio dei diktat della troika europea. L’austerità prese il sopravvento e i soldi dell’UE evitarono il collasso di banche e casse di risparmio spagnole. Nella foto del post, per scherzo ma non troppo, il presidente dell’eurogruppo Juncker prende per il collo il ministro d’economia spagnolo De Guindos. Un vero simbolo di quei tempi bui.
Sono stati anni durissimi. Anni di tagli indiscriminati che hanno colpito soprattutto le classi sociali piú deboli e servizi fondamentali del Welfare come sanità ed istruzione. Anni di famiglie sfrattate dalla polizia e che saranno indebitate a vita con istituti di credito che hanno avuto carta bianca per giocare a Monopoly con la vita delle persone. Anni di proteste, di indignados e di riforme riforme del lavoro avvilenti. Furono tempi difficili anche per chi, come me, doveva documentare la disperazione di tante persone finite sul lastrico, senza speranze nè futuro. Non è semplice trovare il giusto equilibrio tra l’informazione ed il sensazionalismo; altrettanto difficile è mantenersi impermeabili davanti a situazioni di enorme tensione e dolore. Non sempre ci sono riuscito, ma ci ho provato ogni singola volta che ho acceso il microfono.
Così le cose si sono, in parte, risollevate o questo e ciò che dicono le cifre macro economiche. Oggi, i disoccupati sono “solo” 3 milioni e mezzo, ció nonostante uno di ogni quattro europei senza lavoro è spagnolo. Non prendiamoci in giro, la maggior parte dei nuovi posti di lavoro creati sono precari e mal pagati; in Spagna il salario minimo interprofessionale è di 600€ e molte famiglie continuano a sopravvivere grazie alla solidarietà o alla collaborazione di parenti ed amici. Detto questo, i numeri ci dicono che l’economia è in lenta ripresa.
A livello personale, posso dire di essere un privilegiato. Da quando vivo in Spagna non ho mai smesso di lavorare e le opportunità che mi ha riservato questo paese, a livello professionale e personale, l’Italia non ha mai potuto offrirmele.
Ma lo sconforto di quei malati senza assistenza medica, di quelle familglie costrette a vivere in un’automobile, di quei cittadini presi a calci da chi doveva prendersi cura di loro e non abbandonarli nel nome della crisi, lo porto e lo porterò sempre dentro. Così come porterò sempre dentro la solidarietà di un popolo che, con una persona su tre senza lavoro, ha tirato avanti con dignità e coraggio. Infine, non dimenticherò la violenza nelle strade, le cariche della polizia e le tante manifestazioni in cui finivo in un angolo proteggendomi la testa con un caso e facendomi scudo con il microfono.
Il bello e il brutto di essere testimone della crisi economica che ha distrutto il sogno spagnolo.