Era stata una di quelle giornate di lavoro che non ti lasciano neanche il tempo di alzarti un momento per sgranchirti le gambe. Il telefono non la piantava di suonare e la mia posta elettronica non smetteva di ricevere e-mail senza sosta. Ore 19:10, per oggi bastava così.
Così, con la colonna sonora di un vecchio disco di Pino Daniele, mi apprestai a rientrare a casa a Barcellona. Stavo per arrivare alla Avenida Meridiana, un’autostrada urbana di ben 8 corsie che spacca Barcellona in due, ed in pochi minuti sarei arrivato a casa. Il traffico era sostenuto ma, tutto sommato, scorrevole.
Evitai accuratamente di prendere in mano il cellulare del lavoro e cercai di staccare la spina, ciò nonostante le mail continuavano ad entrare senza pietà. Nella mia testa si mescolavano i dubbi sul nuovo piano di comunicazione che stavo per lanciare con questioni molto più banali: avrò latte in frigo per la colazione di domani?
La buonànima di Pino Daniele continuava a suonare ed a cantare ed io, pur fissando la strada, percorrevo chilometri come un automa, quasi assente. Errore dettato dalla stanchezza e dalla sicurezza di conoscere a memoria il percorso che si affronta quotidianamente per andare a lavoro.
Improvvisamente, le quattro auto davanti a me frenarono di colpo ed io riuscii appena a sfiorare il pedale del freno. In un istante Pino Daniele si azzittì ed la mia testa piena zeppa di pensieri si stampò violentemente contro l’airbag. Silenzio.
Per qualche secondo rimasi stordito ed immobile circondato dalla polvere bianca degli airbag. Poi i passanti mi aprirono lo sportello impauriti e mi aiutarono a scendere dalla macchina. Ero tutto intero, più o meno. Zoppicavo un pò perche avevo colpito violentemente con un ginocchio le chiavi dell’auto, piegandole per il forte impatto.
Il mio cofano si era letteralmente infilato sotto il paraurti del SUV che mi precedeva e che aveva riportato solo danni banali. La mia macchina, invece, era ridotta malissimo.
Per la cronaca, l’incidente fu un tamponamento a catena scaturito dalla frenata improvvisa di un anziano conduttore che impauritosi per un incolonnamento intravisto a qualche centinaio di metri di distanza, azionò il freno selvaggiamente. Fui l’ultimo dei cinque fortunati protagonisti dell’incidente. Io che mi vantavo di aver conservato la mia vecchia Ford Fiesta per 15 anni, ora dovevo dire addio alla mia fiammante auto quasi nuova di zecca.
Per quanto riguarda il mio stato psico fisico, dovetti passare i 3 mesi successivi in riabilitazione per il forte trauma cervicale ed altre complicazioni che non starò qui a raccontare. Ma tutto sommato mi era andata molto bene, secondo i medici e tutti coloro i quali avevano assistito al pauroso incidente. Durante novanta giorni, trascorsi tutte le mia mattine in compagnia di persone di tutte le età che avevano avuto molta meno fortuna di me e che dovevano lottare contro lesioni e traumi dalle conseguenze gravissime. Fu una gran bella scuola di vita e sarò per sempre riconoscente a coloro i quali, senza saperlo, mi insegnarono tanto in così poco tempo.
E la mia macchina che sarebbe dovuta durare quindici anni? Per fortuna, dopo varie peripezie, me la rimisero a nuovo. I danni erano così ingenti che dovetti penare per “convincere” la mia assicurazione a farla riparare, ma alla fine ci riuscii.
La morale della favola, per quanto mi rigurada, sta nel silenzio di quei secondi in cui tutto si ferma e tu sei nella tua macchina, quasi incosciente, senza sapere se potrai scendere sulle tue gambe o no. Vivere quel momento e tutto ciò che ne è scaturito, mi ha aiutato a rimettere in ordine una serie di priorità, che in alcuni momenti della vita, possono confondersi pericolosamente.
Credo sia capitato a molti di guidare assorti nei propi pensieri, io da allora lo evito a tutti i costi. Per quanto riguarda Pino Daniele, ci ho messo un bel po’ a riascoltarlo al volante, ma alla fine ci sono riuscito.