Ieri a Barcellona e in tutta la Catalogna abbiamo vissuto momenti che non dimenticheremo facilmente. Persone anziane e pacifiche malmenate da agenti in tenuta antisommossa, giovani spintonati e colpiti violentemente dai manganelli, persone che venivano lanciate da una rampa di scale senza alcuna pietà. Il menù della violenza veniva completato dall’utilizzo di proiettili di gomma (nonostante siano oramai vietati in Catalogna) e da cariche che hanno lasciato un segno profondo nella società catalana indipendentista e non.
Questa è la storia di un disastro annunciato e che, putroppo, è solo un’altra tappa dell’escalation ideologica che stiamo vivendo in questa zona da alcuni anni.
Da una parte, il blocco indipendentista, che ottenne il 47,8% dei voti nelle ultime elezioni e che, in virtù della legge elettorale, si aggiudicò 72 rappresentanti nel parlamento locale contro i 63 dei partiti favorevoli all’unità di Spagna. L’obiettivo dichiarato degli indipendentisti è separarsi dallo stato spagnolo, nonostante non abbiano ottenuto un’ampia maggioranza nelle ultime elezioni ufficiali catalane. Il referendum sull’indipendenza di ieri, dichiarato illegale dal Tribunale Costituzionale spagnolo, non aveva alcuna validità legale nè a livello nazionale nè internazionale. Ciò nonostante, gli indipendentisti hanno deciso di sfidare la costituzione spagnola e la magistratura che aveva ordinato alle forze di polizia di impedire la sua celebrazione, ed hanno invitato la popolazione ad andare a votare nonostante i più di 10.000 agenti di polizia inviati da Madrid.
Dall’altra parte del ring, Mariano Rajoy che dal 2011 presiede un governo di Spagna totalmente incapace di affrontare la questione catalana e di negoziare con i rappresentanti politici di milioni di cittadini di questa parte della Spagna. La sua nefasta e immobilista strategia politica non ha fatto altro che rafforzare le istanze indipendentiste in Catalogna. Rajoy ed i suoi collaboratori hanno dimostrato un’inesistente capacità ed una nulla volontà di analizzare la complessa realtà politica di questa regione. Il presidente del governo si è quindi sottratto al suo dovere di proporre o, per lo meno, tentate di negoziare soluzioni politiche per un problema prettamente politico. Il suo silenzio e la sua incapacità di uomo di stato hanno contribuito fortemente alla gravissima situazione attuale.
Nel mezzo dei due contendenti, il popolo di Catalogna. Il bilancio dell’1 di Ottobre è di 844 feriti, di cui 33 sono membri delle forze dell’ordine.
Oggi la Catalogna è spaccata, la frattura sociale si vive e si respira non solo nei palazzi della politica ma nei bar, tra vicini di casa e colleghi di lavoro. L’ideologia ha preso il posto del buonsenso e pare impossibile mantenersi al margine e non identificarsi in nessuna delle due posizioni più estreme.
Ci sono milioni di catalani che non appoggiano l’escalation indipendentista di un governo estremista che pare aver dimenticato i problemi “reali” dei cittadini (disoccupazione, sanità, povertà). Così come, ci sono milioni di catalani che, pur essendo profondamente scontenti per l’attuale statuto regionale spagnolo, credono fermamente nel dialogo ed in una soluzione democratica e concordata con lo stato spagnolo.
Mi auguro che possa iniziare un nuovo capitolo nelle relazioni tra lo stato spagnolo e la Catalogna e che gli interlocutori politici attuali vengano sostituiti da persone più capaci e responsabili. Per il bene della Spagna…e della Catalogna.
Per ora, putroppo, i segnali sono tutt’altro che incoraggianti con Rajoy inammovibile e Puigdemont intenzionato a dichiarare unilateralmente l’indipendenza.